Da semplice piattaforma per condividere video a fonte di guadagno. YouTube, fondato nel 2005 da Steve Chen, Jawed Karim e Chad Hurley, è diventato un vero e proprio lavoro per i “video creator”. Nel 2020, secondo la classifica di Forbes, lo youtuber più pagato al mondo è Ryan Kaji, un bambino di dieci anni. È diventato famoso per aprire i pacchi con dentro i giocattoli e recensirli, guadagnando fino a 30 milioni di dollari. Adesso non tutti gli youtubers raggiungono queste cifre, ma se quella del creator diventa la professione principale, è bene mettersi in regola con il Fisco, per evitare brutte sorprese. Ecco come.
Youtuber: Attività occasionale o lavoro principale?
Per il Fisco è possibile svolgere un’attività in via occasionale, quindi senza la necessità di aprire la partita Iva. In questo caso i compensi sono tassati in “ritenuta d’acconto”, ossia una tassa del 20% trattenuta e versata all’erario direttamente dal committente. Perché l’attività sia occasionale, però, bisogna rispettare determinate condizioni: singole collaborazioni di breve durata e non continuative; il volume d’affari deve essere contenuto. Se il canale Youtube diventa la principale attività, allora occorre aprire la partita Iva.
Partita IVA per Youtuber
La prima cosa cosa da fare, in caso di apertura della partita Iva, è rivolgersi a un consulente o uno studio contabile in grado di fornire le informazioni e la consulenza necessaria, soprattutto per chi intende avviare un’attività digitale come lo youtuber, ma anche il web designer o l’influencer. Bisognerà poi individuare il codice Ateco legato all’attività: se per un avvocato, un architetto o un ingegnere la scelta è semplice, per una professione come quella dello youtuber non si tratta di un passaggio così scontato.
La scelta del codice Ateco per Youtuber
Per lo Youtuber manca, infatti, in codice Ateco specifico. Partiamo dal presupposto che un creator guadagna tramite sponsorizzazioni e inserzioni pubblicitarie: in questo caso il codice Ateco corretto è “73.11.02 – Conduzione di campagne pubblicitarie”, oppure “73.12.00 – Attività delle concessionarie pubblicitarie”. Nel caso l’attività dovesse prevedere anche altri introiti, potrebbe essere necessario aggiungere un altro codice Ateco. Chi si occupa, invece, prevalentemente di vendita di prodotti online, oltre alla gestione del canale YouTube, dovrà seguire le regole previste per l’e-commerce, con tutti gli obblighi fiscali del caso.
L’iscrizione in camera di commercio per Youtuber
Questi codici Ateco presuppongono l’avvio di un’attività commerciale e occorre, quindi, l’iscrizione in camera di commercio. Se il soggetto è individuale dovrà pagare i diritti di segreteria di iscrizione e il diritto annuo della camera di commercio: la spesa è di circa 100 euro. Servirà anche munirsi della PEC (posta elettronica certificata) e della firma digitale (che non è lo SPID). Una volta avvenuta la registrazione in camera di commercio, in automatico il soggetto verrà iscritto alla gestione commercianti dell’Inps.
La gestione commercianti dell’Inps
L’iscrizione alla gestione commercianti prevede il versamento di contributi fissi che annualmente vengono stabiliti dall’Inps su una soglia di reddito, superata la quale, in fase di dichiarazione dei redditi, verrà applicato il conguaglio. Se lo youtuber aderisce al regime forfettario, può scegliere di usufruire della riduzione della contribuzione. L’opzione deve essere esercitata entro il 28 febbraio per il primo anno e revocata nel caso di uscita dal regime forfettario o se desidera versare i contributi per intero.
La scelta del regime fiscale più conveniente per Youtuber
Il prossimo passo da compiere riguarda la scelta del regime fiscale per la partita Iva dello youtuber. Occorre sempre valutare i costi fissi e variabili che lo youtuber andrà a sostenere e sulla base di un ipotetico fatturato, scegliere il regime fiscale più conveniente. Se i costi sono minimi o assenti, il regime forfettario è la scelta più indicata per chi non supera il 65mila euro di ricavi e compensi annui. Si pagherà un’imposta sostitutiva con aliquota al 5% per i primi cinque anni e poi al 15%. Tra i benefici da sfruttare: non c’è l’Iva in fattura, l’esonero da esterometro e studi di settore e l’esonero della tenuta della contabilità (al momento non c’è l’obbligo di fatturazione elettronica, ma solo quello di numerare e conservare le fatture). Si pagherà l’imposta sostitutiva sul fatturato decurtato di una quota percentuale, legata all’indice di redditività del codice Ateco, che nel caso dello youtuber è del 22%. Se supera la soglia dei 65.000 di ricavi nell’anno, decade dal regime fiscale agevolato e l’anno successivo verrà applicato quello ordinario.
Regime forfettario per Youtuber: chi può aderire
La scelta del regime forfettario per la partita Iva dello youtuber è legata al rispetto di alcune condizioni. Oltre al tetto dei 65mila euro annui di ricavi e compensi, occorre essere residenti in Italia. Non è possibile aderire al forfettario neanche per i soggetti che risultano titolari di quote di partecipazione a società o associazioni, oppure che controllano direttamente o indirettamente una Srl dello stesso settore. Esclusi anche coloro che hanno percepito più di 30mila euro da redditi da lavoro dipendente o da pensione, nell’anno fiscale precedente all’apertura dalla partita Iva.