Lo smart working, o lavoro agile, l’anno scorso è cresciuto del 20% rispetto al 2018, secondo una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. Gli smart worker – ossia quei lavoratori dipendenti che possono lavorare in autonomia, scegliendo orario e luogo di lavoro e disponendo di strumenti digitali per lavorare in mobilità – sono circa 570mila, leggendo i dati dell’edizione 2019 dell’Osservatorio Smart Working.
Gli smart worker sono più soddisfatti
Il 76% del campione si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti. Praticamente uno su tre si sente completamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide i valori, aumentando così la produttività, contro il 21% dei colleghi. Partendo da questa base statistica, non stupisce quindi che nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato progetti di smart working sia cresciuta rispetto al 2018, toccando la soglia del 58%.
Cosa si intende per smart working
Lo smart working, o lavoro agile, è un modo di lavorare lontano dall’ufficio, senza quindi la necessità di recarsi fisicamente nel luogo di lavoro. Si basa sulla flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una valutazione sui risultati. Vale un po’ il concetto: non importa dove e come lo fai, ma conta raggiungere l’obiettivo.
I quattro pilastri dello smart working
Lo smart working si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici. Non si tratta, quindi, solo di “lavorare da casa”, ma di un approccio al lavoro che implica una vera e propria svolta culturale in relazione alle modalità organizzative, alla produttività, alle nuove tecnologie, agli spazi e ai tempi.
Lo smart working e l’emergenza coronavirus
In questi giorni, a seguito del diffondersi in Italia, e soprattutto in Lombardia e Veneto, del coronavirus, si è iniziato a parlare di più di smart working, anche come misura per limitare i casi di contagi. Il decreto del governo, approvato d’urgenza il 23 febbraio 2020 prevede per le zone rosse “la sospensione delle attività lavorative per le imprese […] ad esclusione di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza”.
A Milano e in altre città del Nord Italia, molte grandi aziende hanno deciso di optare per lo smart working. Per rendere più facile questa modalità, è stato approvato un nuovo decreto dal presidente del Consiglio dei ministri, che stabilisce come lo smart working in sei regioni (Emilia Romagna, Friuli, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria) si possa attivare senza accordo scritto e l’informativa sulla sicurezza del lavoro può essere assolta anche tramite una semplice mail.
L’aspetto normativo
In Italia esiste una legge sullo smart working. Nello specifico, la legge n.81 del 22 maggio 2017, conosciuta anche come “Legge sul Lavoro Agile”, ha regolato la materia del lavoro da remoto. La normativa definisce tutti gli aspetti giuridici: dai diritti dello smart worker, al controllo da parte del datore di lavoro, passando per gli strumenti tecnologici da utilizzare e le modalità con cui viene svolto il lavoro. La legge prevede la parità di trattamento economico e normativo, il diritto all’apprendimento permanente e definisce gli aspetti legati alla salute e alla sicurezza. La normativa si occupa anche di definire le disposizioni che si applicano nella Pubblica amministrazione.
Smart working e coworking
I coworking, ossia spazi in cui si paga l’affitto di una postazione per un giorno, qualche ora, oppure un mese, possono essere una sede ideale per un lavoratore agile. Il discorso vale sia per dipendenti che scelgono lo smart working, ma anche per freelance o liberi professionisti, come alternativa al lavoro da casa. Il coworking consente di disporre di tutto quello che serve per lavorare al meglio (connessione internet, sala riunioni, spazi condivisi e postazione personale), senza dover lavorare da casa, ambiente in cui aumenta il rischio di distrazioni. I coworking aiutano a rispettare meglio le scadenze e a superare con successo la transizione da lavoratore dipendente a smart worker. A guadagnarci, in questo caso, sarà la produttività.